Grazia, forza e libertà

 Quando racconto che da ragazza ho studiato danza classica per sette anni, la gente si meraviglia. Riesce difficile, per molti, mettere in relazione la donna decisa e senza fronzoli che conoscono oggi, senza trucco, senza tacchi e senza moine, con l’idea di grazia rarefatta e un po’ leziosa che associano a una ballerina classica.

In realtà quella che sono oggi deve moltissimo a quegli anni di danza. Perché le ballerine non sono affatto eteree e leziose come la gente crede. Al contrario, sono molto forti, fisicamente e non solo. Occorre un “fisico bestiale” e una grande tenacia per tenersi in piedi sui pochi centimetri quadrati della punta di uno scarpino, sopportando il dolore, magari sorridendo, e recitando. Perché la danza è una recita, un racconto. Sono storie che si narrano con il corpo e con la musica. E se è vero che alcuni balletti hanno trame banali e sono infarciti di virtuosismi per far fare bella figura alle étoiles di turno, ce ne sono alcuni, come Giselle e Il Lago dei Cigni, che narrano storie immortali, archetipi eterni di amore, morte e natura umana. Parlano di tradimento e sciagura, di perdono e rinascita, di potere e di magia. Io non sono mai diventata così brava da poterli danzare, ma li ho assorbiti, li ho negli occhi nelle orecchie e nella testa, e sono certa che hanno contribuito in maniera determinante a rendermi sensibile alla bellezza, quella vera, quella che scopri in un vecchio albero, in una spiaggia deserta e in una persona vestita con semplicità, senza muscoli palestrati o labbra rifatte.



Ma la caratteristica che più di ogni altra fa di me quella che sono ora, la resilienza di una che non si arrende mai e che ricomincia daccapo tutte le volte che è necessario... quella l’ho imparata danzando. 
Mi sono addestrata alla resilienza provando mille volte un’arabesque finché usciva perfetta, provando fouettéés e cadendo, e rialzandomi. Ho imparato danzando che riuscire non è facile, e se vuoi farlo devi provare e riprovare, facendo tesoro anche dei più piccoli progressi.
Danzare mi ha fatto uscire dalla trappola della retorica della femminilità. Scoprendo quanta forza ci sia nella dolcezza, mi sono liberata dal malinteso per cui una donna per essere femminile deve essere angelica e remissiva. Si può essere dolci e forti al tempo stesso, e le donne sono così, lo sono sempre state, solo che non sempre lo sanno, e a volte lo dimenticano.

Nella foto ho sedici anni e sto danzando “Le quattro stagioni”. In fondo, non poteva esserci balletto più adatto a me, che ho sempre amato la Natura. Un anno dopo lasciai la danza, ma la portai con me nel cuore per sempre. 
Oggi sono la donna che sono anche grazie a quei sette anni di piroette e port-de-bras. E non mi cambierei con nessuna.

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