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Visualizzazione dei post con l'etichetta attivismo politico

Maggio/coraggio (un omaggio ad Alekos Panagulis)

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Maggio, sì tu Ca 'st'aria doce vaje prufumanno! Quanta ccanzone faje cantà a ddoje vvoce! Quanta suspire io manno! Maggio, è pe' tte Mme stò facenno cchiù mateniero Rose e vviole a ll'alba stò cuglienno Comm'a 'nu ciardeniere... E. A. Mario, 1913 Un classico della canzone napoletana, con i versi di E. A. Mario, dipinge in poche pennellate il mese di maggio, senz’altro il più bello dell’anno. Quando le piante urlano la loro voglia di vita con colori e profumi, quando i fiori si offrono all’abbraccio operoso degli impollinatori.  Tutto fiorisce, anche le erbacce cresciute sotto il bordo dei marciapiedi nelle più desolate periferie cittadine. La Natura ti si para davanti imperiosa, e ti prende, anche se non lo vuoi. Una pianta in piena fioritura è come una ragazza innamorata, spande gioia e luce intorno, se le passi accanto non puoi non vederla. Le fioriture di maggio sono come un concerto che passa dall’andante mosso all’allegro vivace, sempre più baldanzoso. Sarà...

Falcone, gli anarchici e il 41 bis

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Ho rimuginato a lungo, prima di scrivere di questo argomento. Mi sentivo sospesa fra il rispetto di una legge che, come ha detto in più occasioni Giancarlo Caselli, «gronda del sangue di Falcone e Borsellino» e la rabbia per l’uso distorto che se n’è fatto e se ne fa, e che ha spinto Alfredo Cospito , leader anarchico con qualche reato da scontare, ma non meritevole del carcere duro, a iniziare sulla propria pelle una battaglia contro questa norma. Un lunghissimo sciopero della fame , nel corso del quale è arrivato anche a rifiutare, per un certo periodo, perfino la terapia con gli integratori. Cospito ha usato il suo corpo, che probabilmente non tornerà mai più come prima, per affermare un principio valido per tutti, e cioè che il carcere non deve essere tortura, mai. Ma come è nata questa legge? La legge sul carcere duro per gravi reati, come era stata immaginata da Falcone, aveva un suo perché. I grandi capi mafiosi , i Riina, i Provenzano, erano in grado anche dal carcere di inquin...

Abbracciame

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  Erano i primi tempi della pandemia. Eravamo tutti pieni di paura. L'isolamento ci faceva sentire piccoli e sperduti. E allora ci fu chi si mise a cantare dai balconi. "Abbracciame", una canzone d'amore, la richiesta disperata di quello che ci mancava di più: un abbraccio. E dai balconi di tutta Napoli la gente rispose. Ci fu chi criticò questo mettersi a cantare mentre la gente moriva. Ma quel canto non era gioia e spensieratezza. Era un'invocazione, un grido di speranza, un invito a non spezzare i legami, ad amare oltre la paura e la solitudine. Il video All'epoca io ero in una casa isolata, dove se pure mi fossi messa a cantare dal balcone nessuno mi avrebbe risposto. E allora guardai verso Ischia (che non si vede da lì, ma io conosco la direzione) e scattai una foto, un modo come un altro per sentirmi meno sola, e la mandai alla mia amica Marianna.      Lei mi rispose con un'altra foto, scattata nella mia direzione. Foto Marianna Lamonica Oggi finisce...

Antonio Gades e il fuoco della passione

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  La vita mi ha riproposto recentemente il ricordo di Antonio Gadès, un grande ballerino che ho ammirato tanto, non solo per la sua opera di svecchiamento del mondo della danza, per aver liberato il flamenco dalla retorica oleografica e averne fatto un potente mezzo di espressione... ma anche per la sua dirittura morale che, a causa delle sue idee irriducibilmente comuniste, l’ha fatto tanto patire in Spagna sotto il franchismo, senza arrendersi mai. Ricordo quando lo vidi ballare a Spoleto, al Festival dei Due Mondi, nel ’79. Un’emozione grandissima.   Se lo incontravi fuori dal palco, Antonio Gadès sembrava un uomo comune. Piccolo di statura e di torace, non aveva il fisico prestante che spesso hanno i ballerini. Anche il suo viso, con i lineamenti affilati, qualche ruga in più per il quarantenne che era allora, non sembrava niente di speciale. Ma bastava guardarlo un attimo negli occhi per scoprire il fuego che aveva conquistato tante donne: il Maestro sprizzava fascino da...

Gli alberi, il PIL e la rivoluzione

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  Giorgio Parisi , premio Nobel per la fisica 2021, appena insignito della prestigiosa onorificenza, alla vigilia della COP26 rilasciò alcune dichiarazioni in cui, senza peli sulla lingua, metteva in mora i politici sulla loro devozione al PIL , che di fatto sta distruggendo il pianeta. Devo dire che provai un fremito di ammirazione per uno scienziato che metteva al servizio della salvezza del pianeta i suoi molteplici saperi e la notorietà derivata dal Premio Nobel. Gli intellettuali questo devono fare, pensai.  Poi però ci fu tanta gente che cominciò a sperare che le parole di Parisi potessero davvero spostare l’ago della bilancia nell’imminente incontro di Glasgow sul clima. Il neo-premio Nobel aveva appena finito di parlare quando mi telefonò un amico: «Hai sentito le dichiarazioni dello scienziato in Parlamento? Finalmente qualcuno gliel'ha detto ai maledetti politici, che il PIL non è un parametro per il benessere degli esseri umani!» Provai a ribadire che noi ambientali...

Millenovecentosettantanove

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Molti anni fa, prima che la pandemia esasperasse la voglia di assembramenti e di aperitivi, c'erano giovani che non amavano andare in discoteca e preferivano la spiaggia deserta, un piccolo gruppo di amici, una chitarra e qualche voce. Vedi: Poetare/fare

Postazione mobile e altre speranze

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Abbiamo ormai accettato l'idea di vivere in un mondo complesso, per comprendere il quale occorre conquistare una visione sistemica. Ma esplorare un sistema non è facile, perché nel percorrerlo non si riesce quasi mai a porsi alla giusta distanza, a situare il proprio punto di vista in modo che sia possibile cogliere al meglio la realtà che osserviamo. Per usare una similitudine che mi è cara, o si vede l'albero o la foresta, ma non entrambi. Ed è proprio pensando agli alberi e alla foresta, e ricordando una breve ma intensa esperienza di volontariato contro gli incendi boschivi, che è venuta fuori una riflessione, tutto sommato nemmeno tanto originale, ma pertinente. Quando, in quell'estate del 1997, avvistavamo i focolai di incendio per prevenirne la propagazione, eravamo organizzati in modo che, oltre alle postazioni fisse distribuite sul territorio, ci fosse una postazione mobile. Niente di speciale, una vecchia Fiat Tipo con due persone a bordo, dotate di una radio mobi...