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La bellezza, quella vera

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Recentemente Ischia, la mia isola, è stata definita “L’isola più bella del mondo” dalla prestigiosa rivista di turismo Travel+Leisure. Naturalmente qui si sono scatenate reazioni diverse: da una parte quelle di chi trionfalisticamente cercava di sfruttare l’inatteso riconoscimento per aumentare (ma non per migliorare) l’afflusso di turisti, e dall’altra quelle di chi si lamentava, anche giustamente , di tutti i problemi che affliggono l’isola, dai danni all’ambiente ai problemi di traffico e mobilità, alla cura quasi inesistente per i beni culturali e artistici, con siti di importanza mondiale come Punta Chiarito abbandonati da anni.   Eppure... Castello e borgo all'alba Eppure Ischia è davvero una delle isole più belle del mondo,   se non la più bella. Nonostante le microplastiche, gli incendi boschivi, le colate di cemento, i bus che non arrivano mai e che quando arrivano sono stipati. Nonostante un solo ospedale che serve sei comuni, la difficoltà di trovare un medico di ...

Non si sale sugli alberi perfetti

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  Vi siete mai arrampicati su un albero? Se sì, avrete sicuramente notato che la cosa più difficile è scalare il tronco . Una volta arrivati all’altezza delle branche, se i rami sono solidi e non troppo fitti, ci si muove abbastanza bene e si può godere l’insolita prospettiva del mondo visto da un albero, godendo al tempo stesso il profumo dei fiori, dei frutti, delle foglie, i fruscii e la carezza del vento. Ma il problema è arrivare lassù. E più il tronco è liscio, diritto, perfettamente verticale, più è difficile salirci. Io poi non sono un portento di agilità. Così i pochissimi alberi su cui mi sono arrampicata in vita mia erano bassi, magari un po’ storti, con qualche screpolatura nella corteccia e con difetti vari qua e là.  E sono immensamente grata a quella loro imperfezione , che ha consentito anche a una piuttosto imbranata come me di sperimentare la bellezza dello stare su un albero. Foto Marco Zorzanello E mi viene da pensare che è un po’ così anche con gli esseri...

Solitudini

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Che cos’è veramente la solitudine? È più solo/a chi cammina da solo in riva al mare o chi si annega in mezzo a una folla a cui non importa niente di lui/lei? È più solo/a chi la sera torna in una casa vuota o chi vive con qualcuno che, al mattino, non dice neanche buongiorno? Quante solitudini mi sono passate sotto gli occhi ultimamente. Solitudini spesso non riconosciute da chi le vive, ma che appaiono evidenti a chi le guarda. Come quella del tipo sopra le righe, che si presenta a un incontro culturale abbigliato come un playboy degli anni ’70, e mentre tutti gli altri prendono caffè, tè o cioccolata, lui prova a stupire ordinandosi un drink bello forte, e forse ne ha già un altro paio in corpo. Poi parla e straparla, zittisce tutti gli altri, si dà arie da granduomo, allunga le mani ripetutamente su una ragazza che gli siede accanto e che non ha mai visto prima. E anche la ragazza forse è sola e non lo sa. Perché lo lascia fare e non si ribella. Intendiamoci, qualsiasi donna ha il ...

Abbracciame

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  Erano i primi tempi della pandemia. Eravamo tutti pieni di paura. L'isolamento ci faceva sentire piccoli e sperduti. E allora ci fu chi si mise a cantare dai balconi. "Abbracciame", una canzone d'amore, la richiesta disperata di quello che ci mancava di più: un abbraccio. E dai balconi di tutta Napoli la gente rispose. Ci fu chi criticò questo mettersi a cantare mentre la gente moriva. Ma quel canto non era gioia e spensieratezza. Era un'invocazione, un grido di speranza, un invito a non spezzare i legami, ad amare oltre la paura e la solitudine. Il video All'epoca io ero in una casa isolata, dove se pure mi fossi messa a cantare dal balcone nessuno mi avrebbe risposto. E allora guardai verso Ischia (che non si vede da lì, ma io conosco la direzione) e scattai una foto, un modo come un altro per sentirmi meno sola, e la mandai alla mia amica Marianna.      Lei mi rispose con un'altra foto, scattata nella mia direzione. Foto Marianna Lamonica Oggi finisce...

La tempesta

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L'ho già detto, che sono una strana? Mi sa di sì. Sono una strana perché mi piacciono cose che gli altri trovano scomode e fastidiose. Come il mare in tempesta. Ieri lo guardavo, persa nelle sue luci, nei suoi colori, nei suoni potenti e negli odori che attraversavano disinvoltamente la mascherina FFP3. E pensavo: il mare che ho davanti e quello che sento dentro sono uguali , in questo momento. Immensi, tempestosi, pieni di pericolosa bellezza. Forze potenti, che però non dureranno per sempre.   La tempesta finirà, e sarà forse un sollievo potersi riposare nella calma della bonaccia, con il sole splendente sul mare e quelle giornate limpide e tiepide in cui ti senti al sicuro. Non vanno sottovalutate, le tempeste. Possono uccidere. Ischia ha un triste elenco di suoi figli presi dal mare in tempesta. E anche le tempeste di dentro, quelle che capitano quando qualcosa deve cambiare, non sono da prendere alla leggera. Ma -è questo il punto- non puoi scansare la tempesta, non puoi imped...

Grazia, forza e libertà

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  Quando racconto che da ragazza ho studiato danza classica per sette anni, la gente si meraviglia. Riesce difficile, per molti, mettere in relazione la donna decisa e senza fronzoli che conoscono oggi, senza trucco, senza tacchi e senza moine, con l’idea di grazia rarefatta e un po’ leziosa che associano a una ballerina classica. In realtà quella che sono oggi deve moltissimo a quegli anni di danza. Perché le ballerine non sono affatto eteree e leziose come la gente crede. Al contrario, sono molto forti, fisicamente e non solo. Occorre un “fisico bestiale” e una grande tenacia per tenersi in piedi sui pochi centimetri quadrati della punta di uno scarpino, sopportando il dolore, magari sorridendo, e recitando. Perché la danza è una recita, un racconto. Sono storie che si narrano con il corpo e con la musica. E se è vero che alcuni balletti hanno trame banali e sono infarciti di virtuosismi per far fare bella figura alle étoiles di turno, ce ne sono alcuni, come Giselle e Il Lago ...

Gli alberi in acrostico

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 Non ho mai amato le poesie troppo "costruite", quelle con tutti i versi della stessa misura, o con le rime baciate, o con tutte quelle regolette letterarie e metriche che se ti ci immergi troppo, rischi di perderti l'emozione che ti aveva spinto a scrivere... perciò quando, in un laboratorio di poesia ambientale, la poetessa Francesca Tuscano mi ha chiesto di creare un acrostico in endecasillabi, la prima sensazione è stata da mazzata in fronte.  Poi però mi è piaciuta la sfida di riuscire comunque a dire quello che sentivo. La parola scelta quel giorno fu "silenzio". Ma un'altra parola, assai più coerente con la mia natura, continuava ad aleggiare. Finché un giorno, il Monte Epomeo l'ha liberata. Vedi: Poetare/fare Rivoluzione verde Bellezza e libertà

Il sole d'inverno

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 Ci sono giornate, nella stagione meno luminosa dell'anno,  in cui scopriamo la preziosa bellezza di un raggio di sole. Scritta vent'anni fa, oggi ancora più vera.  Vedi: Poetare/fare Bellezza e libertà  

Antonio Gades e il fuoco della passione

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  La vita mi ha riproposto recentemente il ricordo di Antonio Gadès, un grande ballerino che ho ammirato tanto, non solo per la sua opera di svecchiamento del mondo della danza, per aver liberato il flamenco dalla retorica oleografica e averne fatto un potente mezzo di espressione... ma anche per la sua dirittura morale che, a causa delle sue idee irriducibilmente comuniste, l’ha fatto tanto patire in Spagna sotto il franchismo, senza arrendersi mai. Ricordo quando lo vidi ballare a Spoleto, al Festival dei Due Mondi, nel ’79. Un’emozione grandissima.   Se lo incontravi fuori dal palco, Antonio Gadès sembrava un uomo comune. Piccolo di statura e di torace, non aveva il fisico prestante che spesso hanno i ballerini. Anche il suo viso, con i lineamenti affilati, qualche ruga in più per il quarantenne che era allora, non sembrava niente di speciale. Ma bastava guardarlo un attimo negli occhi per scoprire il fuego che aveva conquistato tante donne: il Maestro sprizzava fascino da...

Respiro

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Per chi ha avuto il Covid, la parola “respiro” ha un significato particolare. Anche se come me sei una fortunata che non è finita in una corsia di ospedale, che non ha mai visto il saturimetro scendere sotto il 95%, che non è mai stata in immediato e grave pericolo di vita.  La fame d’aria di quando tossisci, tossisci e non riesci a smettere, di quando non puoi dire tre parole in fila senza sentirti mancare il fiato, di quando anche salire tre gradini ti fa affannare e soffocare... quella te la ricordi per sempre . E ogni volta che qualcosa ti toglie il fiato, che sia per la paura, per l’oppressione o per la gioia, quella sensazione ritorna. Torna e rende insopportabile il senso di soffocamento che ti danno le situazioni in cui sei costretta a vivere una vita che non è la tua... ma torna anche quando la felicità di toccare una sponda amata, dopo tanto tempo e tanta assenza, ti fa battere forte il cuore e ti riempie gli occhi di lacrime. Ed è allora che senti la differenza fra la fe...