Abbracciame

 Erano i primi tempi della pandemia. Eravamo tutti pieni di paura. L'isolamento ci faceva sentire piccoli e sperduti. E allora ci fu chi si mise a cantare dai balconi. "Abbracciame", una canzone d'amore, la richiesta disperata di quello che ci mancava di più: un abbraccio. E dai balconi di tutta Napoli la gente rispose.

Ci fu chi criticò questo mettersi a cantare mentre la gente moriva. Ma quel canto non era gioia e spensieratezza. Era un'invocazione, un grido di speranza, un invito a non spezzare i legami, ad amare oltre la paura e la solitudine.

Il video

All'epoca io ero in una casa isolata, dove se pure mi fossi messa a cantare dal balcone nessuno mi avrebbe risposto. E allora guardai verso Ischia (che non si vede da lì, ma io conosco la direzione) e scattai una foto, un modo come un altro per sentirmi meno sola, e la mandai alla mia amica Marianna.  


 

Lei mi rispose con un'altra foto, scattata nella mia direzione.


Foto Marianna Lamonica


Oggi finisce lo stato di emergenza, ma molta brutta acqua è passata sotto i ponti. Oggi sappiamo che la pandemia non è finita, e che la guerra (ce ne sono di guerre nel mondo, ma questa è proprio sotto casa) non finirà del tutto, non tanto presto.

E allora mi viene voglia di affacciarmi al balcone e cantare "Abbracciame". Ma credo che stavolta la gente mi prenderebbe per pazza. Perché una cosa importante è cambiata. Il cinismo ha preso il sopravvento, oddio spero non per sempre, ma per il momento sì. E dove vince il cinismo, muore l'amore, muore la speranza.

Occorre più forza di allora, adesso, per tornare a credere nel futuro, per avere un minimo di fiducia nelle buone qualità dell'essere umano, per pensare che anche se non "andrà tutto bene" qualcosa, almeno, possiamo cambiarla in meglio.

Vedi:

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