Quelli siamo noi

Empatia è una parola che ultimamente si sente spesso, soprattutto da quando la globalizzazione dei poteri ha scatenato competizioni e appetiti mai visti.

Ci siamo abituati a lottare gli uni contro gli altri con le unghie e con i denti per ogni cosa, a dare sempre la colpa del nostro malessere a chi sta peggio di noi. E allora, per esempio, se hai perso il lavoro è colpa degli immigrati, o degli anziani che non si decidono a morire, o delle donne che potrebbero starsene a casa a fare la calzetta.

Sai bene di essere schiacciato fra un modello di benessere consumistico e la dura realtà di un mondo sempre più depauperato di risorse e invaso di scarti e rifiuti. E i poveri, i deboli, i diversi, sono un eccellente capro espiatorio. Ma anche quelli di un altro colore, di altre religioni o idee, i tifosi di un'altra squadra, di un'altra congrega dei social. Meglio loro che io, pensi. Meglio che il peggio succeda a quelli là e non a me.

Ma "quelli" chi sono?

Questo è il punto: quelli siamo noi. Potranno avere la pelle di un altro colore o pregare un altro Dio, ma sono molto più simili a noi di quanto vogliamo credere, sicuramente ci somigliano di più degli speculatori che dai paradisi fiscali si arricchiscono sulla loro e nostra pelle. Quelli siamo noi, e solo insieme possiamo provare a cambiare le cose, a liberarci insieme dalle catene delle ostilità che fanno bene solo a chi vuole dominarci, a pulire il mondo da rifiuti e idee preconcette, a essere infine umani insieme, diversi e uguali, anzi uguali proprio perché diversi.

Empatia significa: mi sento come ti senti tu, perché in fondo al di là delle differenze, sono come te. Empatia è la parola più bella del mondo.

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