Solitudini

Che cos’è veramente la solitudine? È più solo/a chi cammina da solo in riva al mare o chi si annega in mezzo a una folla a cui non importa niente di lui/lei? È più solo/a chi la sera torna in una casa vuota o chi vive con qualcuno che, al mattino, non dice neanche buongiorno?

Quante solitudini mi sono passate sotto gli occhi ultimamente. Solitudini spesso non riconosciute da chi le vive, ma che appaiono evidenti a chi le guarda. Come quella del tipo sopra le righe, che si presenta a un incontro culturale abbigliato come un playboy degli anni ’70, e mentre tutti gli altri prendono caffè, tè o cioccolata, lui prova a stupire ordinandosi un drink bello forte, e forse ne ha già un altro paio in corpo. Poi parla e straparla, zittisce tutti gli altri, si dà arie da granduomo, allunga le mani ripetutamente su una ragazza che gli siede accanto e che non ha mai visto prima. E anche la ragazza forse è sola e non lo sa. Perché lo lascia fare e non si ribella. Intendiamoci, qualsiasi donna ha il diritto, se vuole, di toccare e farsi toccare, di cercarsi avventure con chi vuole o di limitarsi a un tocco. Ma l’impressione che dà (e può essere sbagliata, certo) è più da persona rassegnata che partecipe. Come se essere toccate da uno sconosciuto che non chiede permesso fosse normale, un ineluttabile corollario dell’essere nata femmina.

Quanta gente cerca di annegare la solitudine in mille modi, quanta gente è sola anche in mezzo agli altri, quanta gente accetta situazioni imbarazzanti o le impone agli altri per un’illusione di condivisione...

E poi invece un giorno passeggio in riva al mare, e sono da sola ma non mi sento sola. E vedo un uomo spingere in acqua una piccola barca, e allontanarsi remando. E sento che quello sconosciuto signore non è solo. Sta andando a farsi una chiacchierata molto intima col suo amico mare, si muove alacre e sicuro, e perfino la fatica fisica del remare non sembra pesargli.


Un altro giorno, poco più in là, seduta sulla sabbia, c’è una ragazza con un libro. Legge, o studia, assorta. Ogni tanto solleva gli occhi e guarda il mare. L’avvicino, chiedo il permesso di farle una foto. Accetta, gentile e cordiale. Non trasmette solitudine, ma serenità.


E allora forse il nodo sta tutto qui. Si è soli quando si ha paura di esserlo. Quando si ha bisogno di gente per non sentire le voci di dentro, quando si guardano gli altri come strumenti per riempire il nostro vuoto interiore, quando pur di illudersi di contare qualcosa si accetta un ruolo da vittime o da carnefici.

Si è soli quando non si hanno amici veri, di quelli che ci sono anche quando non sono presenti. Si è soli quando non si ha qualcosa di buono a cui dedicarsi, uno scopo nella vita, qualcosa che vada oltre i nostri piccoli egoismi. Si è soli quando l’amore per la Natura è solo una moda come un’altra, quando si scrive per esibirsi e non perché si ha qualcosa da dire. Si è soli quando si ha bisogno della competizione per sentirsi qualcuno, quando gli insuccessi sono legna sul fuoco della rabbia e non su quello del desiderio di imparare. Si è soli quando stare insieme agli altri è bisogno e non desiderio, quando si cerca più un pubblico a cui mostrarsi che un’affettuosa tirata d’orecchio. 



Ieri sera ho preso il tè con un’amica. Siamo state lì a chiacchierare per tre ore filate. E nel salutarci, ci siamo dette grazie. Non solo grazie del tempo passato insieme, ma grazie dell’amicizia che è il più bel dono che un essere umano possa fare a un altro. E allora grazie alle amiche e agli amici, a chi ci vuole bene, a chi mese dopo mese, anno dopo anno sostiene e accompagna quanto di buono e di bello c’è in noi, in quello che facciamo e in quello che siamo. Grazie perché ci aiutano a diventare migliori, non a diventare qualcuno. Perché per loro siamo già “qualcuno”. Grazie perché sono sempre con noi anche quando non ci sono. 
Grazie perché sono accanto a noi, non davanti o dietro, non sopra o sotto, ma accanto. Grazie perché ci portano dentro di sé, e perché noi li portiamo nel nostro cuore. Che non sarà mai vuoto, e non avrà bisogno di fare salti mortali per sentirsi vivo.
Vedi:Quelli siamo noiAmori


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